FABIO TORTOSA, VICEPRESIDENTE FIDAF: “DOBBIAMO SFRUTTARE LA VISIBILITA’ CHE CI HA DATO QUESTA VITTORIA, ADESSO NESSUNO POTRA’ FAR FINTA DI NON CONOSCERCI, DEDICO L’EUROPEO A TUTTI I DIRIGENTI DEL FOOTBALL ITALIANO, FANNO UN LAVORO DA PAZZI”
Fabio Tortosa 48 anni, romano, dipendente del Ministero dell’Interno, vice presidente vicario della Fidaf, Consigliere Federale Fidaf dal 2009, tifosissimo della Lazio, scrittore, amante della lettura e della buona cucina, ha conosciuto il football nel 1990, quando, insieme a un gruppo di ragazzi dette vita a una squadra di football a Ostia che sarà conosciuta con il nome di Marines. A dispetto del fisico non possente ha giocato Centro per qualche anno nelle serie inferiori, poi decide di aiutare l’allora presidente Pacelli nella parte gestionale, perché, parole sue “ci metteva tantissima passione e l’idea di lasciarlo solo mi faceva sentire a disagio” e diventa passo dopo passo uno dei dirigenti più in vista del movimento, fino a decidere, nel 2008, di candidarsi per il Consiglio Federale; rieletto per altre tre volte, è al suo ultimo mandato. Preparato e competente, da anni è il referente per il Cif9, il campionato più affollato del football italiano cosa che gli ha permesso di costruirsi una base solidissima di consenso, di lui gli amici dicono che è generoso, disponibile, appassionato e si fa in quattro per il football, i nemici dicono che è un fascista, cinico e arrogante, permaloso e di indole aggressiva, di sé dice di non essere un tipo da “giacca e cravatta”, di certo ha un linguaggio diretto e colorito, spesso oltre il limite del politicamente corretto. Amato dagli amici, odiato dai nemici è però indispensabile per entrambi. Domenica scorsa a Malmoe era la più alta carica federale presente e come tale ha avuto il privilegio di assistere da vicino alla consegna del trofeo di campioni d’Europa, dopo 34 anni.
Fabio, sono passati pochi giorni dalla finale di Malmoe, un evento del genere ha avuto e avrà un’eco lunga, non siamo “a caldo”, ma nemmeno “a freddo”, perché ci vorrà molto tempo per far scendere l’entusiasmo per la vittoria, mi puoi dire come hai vissuto la giornata della finale, diciamo “a tiepido”?
Devo dirti che sin dall’inizio della trasferta e per ogni momento prima e durante la partita, ho avuto la consapevolezza che avevamo lavorato bene, al meglio, facendo tutto ciò che era utile e giusto fare per metterci nelle condizioni migliori e questo era sufficiente per sentirsi pronti, in questo senso la vittoria sarebbe stata la ciliegina sulla torta, ma non pensavo che sarebbe stata fondamentale, perché non è vero che “il lavoro paga”, anche lavorando bene non è detto che si possa vincere, nel football in particolare ci sono tante, troppe variabili, infortuni o anche solo le condizioni metereologiche, se avesse piovuto domenica, sarebbe stato un altro film, ma ci eravamo preparati anche per quello, con due game plan diversi a seconda del meteo, che abbiamo controllato maniacalmente nei giorni precedenti, quindi diciamo che alla vittoria finale ci sono arrivato preparato, anche se rimane un qualcosa di enorme.
Questo titolo arriva in modo meritato, ma inatteso, anche solo due anni fa, all’inizio del percorso di qualificazione, nessuno avrebbe immaginato questo epilogo, come è successo, quale è stato il fattore scatenante della vittoria?
So che anche tu ami le parole di moda – sorride ironicamente Fabio mentre si accende una sigaretta – quindi direi che il segreto è stata la Resilienza, un percorso iniziato all’indomani della sconfitta contro la Danimarca nella finale B di Milano nel 2013, lungo e con mille difficoltà, la vittoria di Lignano e l’esclusione dagli Europei del 2017, la Pandemia. La Fidaf ci ha sempre creduto e abbiamo investito quasi mezzo milione di Euro in sette anni mentre il coaching staff è stato bravissimo a gestire due generazioni di atleti, senza creare divisioni e dando continuità.
La vittoria ha portato il football ad un picco di notorietà senza precedenti, tutti i giornali hanno riportato la notizia, sono usciti Meme su diverse pagine satiriche e persino un post di Mentana, questo tipo di esposizione però è in parte effimera, come possiamo sfruttarla al meglio?
Innanzitutto permettimi di dire che si conferma quello che abbiamo sempre saputo e cioè che la nazionale, nello sport, è il miglior veicolo di notorietà possibile e merita l’investimento che abbiamo fatto, perché è la vetrina e la cartina di tornasole di un movimento, se la Germania vuole giocare contro di noi, sa che deve mandare il miglior team che ha e non una squadra sperimentale come a Torino nel 2010. In questi giorni stiamo avendo un’esposizione mediatica senza precedenti, Sabato sera il Blue Team sarà ospite di Ballando con le Stelle su Rai 1, questo è importante, aiuta, ma ovviamente non basta. La ricaduta positiva che questo successo deve avere io la immagino di tre tipi: dal punto di vista interno, questo risultato mi auguro ci aiuti ad unirci e a stringerci intorno al movimento per renderlo ancora più forte e coeso. A livello istituzionale la vittoria degli europei ci permette di fare un passo avanti all’interno del Coni. Fino ad oggi noi abbiamo dato il massimo per essere inappuntabili dal punto di vista formale e amministrativo, tanto che la Segreteria Fidaf è diventata un punto di riferimento per altre federazioni. Abbiamo voluto fortemente questo, perché volevamo dimostrare di essere seri ed affidabili, ma ovviamente il successo di Domenica ci dà una spinta potentissima perché abbiamo anche un valore sportivo, adesso quando ci siederemo a un tavolo con le altre federazioni, magari per parlare di accorpamenti di Federazioni, gli altri presidenti non potranno più far finta di non sapere chi siamo, magari votando per accorparci con la FIR. Infine verso gli sponsor, questa vittoria deve aiutarci a trovare un grande Brand che voglia associarsi al football, non per elargire regalie, ma per costruire insieme uno story-telling che sia proficuo per entrambi, sullo stile del rapporto tra Peroni e nazionale di Rugby, per esempio.
Hai nominato il CONI, facendo riferimento proprio al peso che potrebbe avere questa vittoria sul nostro percorso istituzionale, Malagò ha twittato facendo i complimenti al Blue Team con tanto di citazione per Coach Giuliano, quanto manca al traguardo per diventare un Federazione a pieno titolo? Ne parliamo da anni, ma il riconoscimento sembra non arrivare mai.
Bisogna fare alcune precisazioni e un passo indietro al 2009, quando la Fidaf entrò nell’osservatorio CONI per diventare DSA (Disciplina Sportiva Associata NDR). Abbiamo bruciato le tappe e in soli due anni siamo stati riconosciuti a pieno titolo. Poi è iniziata la presidenza Malagò, l’attuale presidente CONI sta portando avanti un progetto di accorpamento tra Federazioni e superamento del concetto di DSA.
E’ così necessario accorpare federazioni di sport diversi, un progetto del genere non ci metterebbe a rischio di essere uniti alla Federazione Rugby, e quando andrà a compimento tutto questo?
Io sono molto favorevole a questa riforma, perché in Italia abbiamo troppe federazioni piccole di sport che per certi versi possono avere una governance unica, penso alle tre federazioni di tiro, o alle federazioni di Bridge, Dama e Scacchi che potrebbero essere unite in un ente solo. Si razionalizzerebbe il sistema, diminuendo la burocrazia, tanto il contributo di Sport&Salute è sempre lo stesso in termini quantitativi, dividere 400 milioni tra 60 o 50 Federazioni, non fa differenza. Tutto questo dovrebbe succedere entro questo quadriennio olimpico, poiché è una riforma voluta dall’attuale Presidente che è anche al suo ultimo mandato. La possibilità di essere accorpati al Rugby è reale, ma sono convinto che non accadrà, per i motivi detti prima, ma anche accadesse, non sarebbe un dramma.
Questa è la prima volta che lo sento dire, come mai non sarebbe un dramma?
Perché ciò che a noi serve è aumentare il contributo CONI per il football. Attualmente riceviamo circa 120.000 € all’anno, diventando una FSN, il contributo minimo sarebbe cinque volte superiore, ma anche se fossimo accorpati al Rugby riceveremmo una parte del contributo previsto per la FIR che comunque sarebbe di molto superiore a quello attuale, e avremmo l’obbligo di investirne un terzo in struttura, un terzo in formazione e un terzo in programmi per le selezioni nazionali. Certo perderemmo autonomia rappresentativa dentro al CONI, ma per il nostro sviluppo è secondario, mentre rimane fondamentale aumentare il budget.
Abbiamo iniziato a parlare di futuro, tornando al Blue Team, la partecipazione alla finale, ancora prima della vittoria, ci ha regalato la qualificazione per i Mondiali, previsti per il 2023, ma ci saranno e se si, ci andremo?
Allora, i mondiali in Australia erano previsti per il 2019, ma essendo stati assegnati solo l’anno prima, dato lo scarso preavviso e le difficoltà logistiche, i team europei avevano rinunciato e IFAF ha deciso di spostarli al 2023, sempre in Australia. Un anno fa la FIFA ha assegnato all’Australia i mondiali di calcio femminili del 2023 e la Federazione Australiana di Football ha deciso di rinunciare all’organizzazione di quelli di football rimettendo il mandato all’IFAF, la quale ha riaperto la procedura di assegnazione. I termini per la presentazione delle domande scadevano il 31 Ottobre, noi non abbiamo ritenuto di candidarci perché non abbiamo le strutture adeguate per ospitarlo.
Chi è che si prenderebbe una tale responsabilità in questo periodo?
Secondo me la Federazione Tedesca. Non avendo partecipato a questa edizione di Europei, ripartiranno dal gruppo B e quindi i mondiali sono per loro un’ottima occasione per rimettersi in pista al massimo livello, ma per loro, l’unica modo per partecipare è quello di organizzarli. In ogni caso noi avremo anche da difendere il titolo, sempre nel 2023, perché IFAF Europa ha deciso di tornare ai tornei continentali a cadenza biennale, secondo il principio che le nazionali devono giocare ogni anno.
Interessante, ma in contemporanea con i Mondiali? Non si rischia di mettere troppa carne al fuoco difficile da gestire? Riusciremo a tornare a una fase finale degli Europei almeno tipo Final-4?
Sì Mondiali e Europei saranno lo stesso anno, abbiamo bisogno di far giocare le nazionali, non possiamo pensare di tenerle ferme due anni solo perché un paio di esse devono giocare i Mondiali.
Quanto alla futura formula degli Europei, non cambierà, la Final-4 sarebbe bella, ma in Europa hanno altre idee.
Parlando di football europeo è impossibile ignorare l’argomento ELF, non credi che sia opportuno arrivare a un accordo?
Assolutamente e deve essere un obiettivo della prossima Governance IFAF che verrà eletta a Dicembre. L’accordo deve basarsi su due punti, primo, mettere ordine sulle pratiche di trasferimento tra giocatori di diversi paesi, quello strumento già esistente tra le federazioni europee che si chiama ITC, International Transfer Card. E’ una pratica dal costo minimo, 100 €, ma che serve a regolare i rapporti tra le società. Deve essere chiaro che le federazioni nazionali non vogliono bannare nessuno, vogliono solo avere il loro giusto peso e spazio senza privare i giocatori di un’opportunità molto interessante per loro. Il secondo punto è arrivare a un accordo per armonizzare i calendari in modo da avere una finestra garantita per le competizioni tra nazionali.
Con il sacrificio delle competizioni internazionali per club però…
Non necessariamente, IFAF è interessata a promuovere anche quelle, ma certo, le nazionali hanno la priorità e IFAF non ha mezzi sufficienti o forza coercitiva adeguata per garantire la riuscita di tutto.
L’eventuale accordo con ELF non potrebbe facilitare anche il superamento dell’odiosa distinzione tra scuola italiana e europea?
No, perché su tema c’è ancora molta diffidenza da parte dei club. Aprire il mercato dei giocatori Europei significherebbe dare più possibilità alle squadre economicamente più forti, a discapito delle altre, noi volgiamo che sia il merito sportivo a prevalere rispetto alla solidità economica. Qualcuno potrà dire che questa è già prevalente all’interno del “mercato” di giocatori italiani, ma qui abbiamo delle norme che determinano il valore di un cartellino, esiste il vincolo, abbiamo insomma i mezzi per compensare le differenze economiche, ma tra federazioni europee l’unico strumento è l’ITC di cui sopra, per capirci, il cartellino di un Simone Boni, ventenne, ma campione d’Europa, oggi vale già sui 6.000 €, mentre prendere un giocatore austriaco o tedesco, te ne costa solo 100, è troppo rischioso, del resto è chiaro che stringendo le maglie della rete per pescare le sardine, può succedere che ci rimanga incastrato un tonno, ma la regola fin ora ha avuto un saldo positivo. Noi abbiamo un enorme problema con le giovanili, solo tre team di CIF9 ne hanno, meno della metà dei team di seconda e nemmeno tutti quelli di prima. I club devono capire che devono investire sui settori giovanili, se li distraiamo anche con la possibilità di prendere talenti europei, rischiamo di non crescere mai.
Come ho avuto modo di scrivere, quello del Blue Team è un successo enorme e ora siamo nel pieno dell’euforia dei festeggiamenti, tu hai detto che la nazionale è una cartina di tornasole del movimento, però non possiamo illuderci, non siamo il movimento più forte o organizzato d’Europa, pur non essendo messi malissimo, e ci sono ancora molte difficoltà, arbitri, campionato femminile, pubblico, numero di squadre, settore giovanile, c’è il rischio che questa vittoria ci distragga un po’ dalla quotidianità, cosa ci riserva il futuro prossimo, una ristrutturazione dei campionati? Entry level a 7? Giovanili a 11?
Per quello che riguarda la ristrutturazione dei campionati di cui parliamo da anni, penso che l’attuale struttura su due divisioni, la prima a 12 squadre e la seconda a 25 con il Cif a 9 come entry level sia adeguata e sicuramente rimarrà questa per tutto il quadriennio in corso. L’unica modifica che mi sentirei di fare sarebbe quella di rendere l’entry level limitato a 3 anni di permanenza, con l’obbligo di salire di categoria al quarto anno, se ci sono posti disponibili, ma chiaramente, essendo in Italia, per una società basterebbe chiudere i battenti al terzo anno per riaprirli subito dopo con un nome nuovo, tanto al nostro livello il rebranding non è complesso. Rispetto alle junior, sono contento che siano divise per categorie con 3 anni di durata per ognuna e credo che la under 18 dovrebbe essere la categoria più alta. Vorrei che le società capisero l’utilità della Coppa Italia per far giocare quei ragazzi ancora acerbi per la senior e i rookie fuori quota, due categorie di giocatori che hanno un tasso di abbandono troppo alto e che invece così potremmo riuscire a coinvolgere, perché potremmo avere bisogno di loro se non come giocatori, come allenatori, dirigenti, parte dello staff o magari sponsor. Non dobbiamo ripetere l’errore fatto negli anni ’90 di fare troppa selezione, perché abbiamo bisogno di crescere e per crescere abbiamo bisogno di tutti, avvicinando, non allontanando. Riguardo alla formazione, sono orgoglioso di aver reso il primo livello per allenatori disponibile on-line, eravamo gli unici rimasti a non farlo e ci limitava pesantemente, se pensi che un ragazzo di Salerno che avesse voluto diventare allenatore, avrebbe dovuto fare il corso in presenza, nel fine settimana, dovendo magari andare fino a Roma, sempre ammesso e non concesso che ci fosse il numero minimo di partecipanti per attivare il corso stesso, ora invece lo può fare da casa e non c’è un numero minimo per i corsi che sono quindi calendarizzati con maggiore frequenza e regolarità. Quanto agli arbitri, in lockdown ne abbiamo formati 40 nuovi, è un ottima cosa e vorrei lanciare un messaggio a tutti, giocatori, allenatori, dirigenti, ma anche tifosi: lasciamoli in pace, fanno un lavoro prezioso e fondamentale, sbagliano è vero, ma come tutti, il concetto di arbitro in malafede dobbiamo togliercelo dalla testa. Infine abbiamo le nazionali, oltre al Blue Team, in vista abbiamo gli Europei U19, gli Europei Flag senior e sempre di Flag, il World Championship 2022 in Alabama, per il quale abbiamo buone probabilità di qualificare sia la selezione maschile che quella femminile.
Sei al quarto mandato in Consiglio Federale, sedici anni sono lunghi, quanto Angela Merkel al governo della Germania, se è normale e doveroso immaginare un ricambio, è anche vero che dopo tutto questo tempo sei diventato difficilmente sostituibile, cosa c’è nel tuo futuro?
Partiamo dal fatto che questo per me è l’ultimo mandato, poi non potrò ricandidarmi, quindi devo lavorare per formare chi nei prossimi anni possa prendere in mano il lavoro fatto in questi anni.
Sono nel football da più di metà della mia vita, è parte di me e anche se fuori dal Consiglio Federale, rimarrò sempre vicino al football e disponibile a dare una mano, anche fosse come arbitro, certo se me lo dovessero chiedere, non avrei problemi ad aiutare la Federazione come consulente. Ho sempre creduto che il football meritasse una struttura adeguata, che non dovesse essere un unicum all’interno del panorama sportivo italiano, ma avesse bisogno di regole e organizzazione.
Possiamo quindi iniziare a tirare delle somme, hai dei rimpianti?
…devo dire di no, sono contento di quanto abbiamo fatto e di come lo abbiamo fatto, abbiamo raggiunto un risultato straordinario, io non ho il 95% di amici all’interno del football, ma ho il 95% dei voti, significa che al di là delle mie idee, so andare a fondo delle questioni e lavoro per tutti, certo, a pensarci bene una cosa che mi dispiace c’è, ho di nuovo lasciato da solo Fabio (Pacelli), ma è circondato da ottimi collaboratori.
C’è qualcuno a cui dedicheresti il titolo europeo?
Assolutamente, lo dedico a tutti i dirigenti del football italiano, a volte mi fanno arrabbiare, ma fanno un lavoro da pazzi, dedico il titolo a loro e a tutti quelli che si sbattono per resistere e far esistere il football.