Nicknames/1

by Marc Taccone
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Gli argomenti per questa rubrica stanno rapidamente arrivando alla conclusione, sebbene ci siano potenzialmente centinaia di storie a disposizione quello che diventa sempre più difficile è trovare delle fonti estese e con una impostazione più da “storytelling” e meno tecniche. Ma uno degli argomenti che non possiamo non trattare sono i fantasiosi nomignoli che vengono affibbiati a squadre, reparti e giocatori della NFL, ed essendo veramente tanti tratteremo solo i più famosi e dividendoli in due puntate.

Questa settimana ci occuperemo dei soprannomi di squadre e reparti in rigoroso ordine alfabetico:

• America’s Team

Nomignolo autoattribuito, non si sa bene originariamente da chi, ai Dallas Cowboys quando con un sondaggio tra i lettori di vari quotidiani nazionali i Cowboys risultarono la squadra con più tifosi sul territorio nazionale. Il sospetto fu che, naturalmente, l’intero Texas, patria del football e dell’orgoglio, avesse votato per loro. Tanto bastó a che la squadra di Dallas si auto proclamasse “squadra d’America” con una introduzione di John Facenda ad uno dei loro film di highlights nel 1978 che recitava pressappoco così:
“Finiscono in televisione così spesso che le loro facce sono familiari al pubblico quanto quella del presidente e delle stelle del cinema. Loro sono i Dallas Cowboys, la squadra d’America”.

America’s Team

• Big blue wrecking crew

Letteralmente “squadra demolizioni della Big Blue” e la Big Blue altro non è che la metà blu della grande mela, i New York Giants. Il reparto che venne così soprannominato era naturalmente la difesa, il periodo di riferimento è quello che va dal primo Super Bowl vinto nel 1986 al secondo vinto nel 1990.
Nell’anno di nascita la difesa dei Giants giocava uno schema 3-4 (tre uomini di linea e 4 “linebackers”) con il seguente personale:
George Martin, che non è l’autore del trono di spade, e Leonard Marshall ai fianchi del perno della linea Jim Burt, con dietro uno dei corpi di linebackers più forti della storia (tanto da meritarsi anche un nomignolo tutto suo: “the Crunch Bunch”) composto da Gary Reasons, Harry Carson, Carl Banks e quello che più spesso di tutti viene indicato come il difensore più forte di sempre: Lawrence Taylor.

La “The Crunch Bunch” il cuore della difesa dei Giants

• The Bruise Brothers

Non devo certo dirvi da dove hanno preso il nome, se avete più di 30 anni. Per i più giovani appassionati della rubrica ovviamente dal film “The Blues Brothers” con Belushi ed Aykroyd, molto famoso negli anni in cui questi quattro ragazzoni dei San Diego Chargers infliggevano ferite ed abrasioni in giro per la lega. Tre di loro, Fread Dean, Gary Johnson e Louie Kelcher, furono draftati insieme tra il primo ed il secondo giro del 1975, mentre l’anno successivo arrivó il quarto componente, Leroy Jones tramite uno scambio di giocatori con i Los Angeles Rams. L’anno di grazia fu il 1980, due anni dopo l’avvento di coach Coryell (un altro che meriterebbe un articolo tutto suo), quando i quattro ragazzoni in linea costruirono una stagione da 60 sack. Fate una media. Fatta? Capito?
Se non esistessero i Buffalo Bills quei Chargers sarebbero di certo la squadra più forte a non aver vinto un anello. Da li in poi il nickname sarà utilizzato in tutte le discipline, dal basket degli Spurs, all’Hockey fino al Wrestling.

Gli originali Bruise Brothers

• The Dome patrol

“Le guardie del Dome” inteso come Superdome, la casa dei Saints, vigilarono tra metà degli anni 80 fino al 1992 quando tutti e quattro i linebackers schierati nella 3-4 di coach Jim Mora finirono al Super Bowl. I Saints non erano mai stati una squadra su cui puntare i risparmi, ma in quel periodo si liberarono del soprannome “Ain’ts” vincendo il primo titolo di division grazie ai quattro componenti del secondo livello difensivo (eh si, ancora difesa) che rispondevano ai nomi di Rickey Jackson, Vaughan Johnson, Sam Mills e Pat Swilling. E fu proprio Swilling a consegnare alla storia il nomignolo in una intervista post partita, dopo aver battuto i Rams tenuti a 120 yards e 6 primi downs totali in partita. “La Dome patrol ha davvero comandato stasera” disse, “lo abbiamo fatto, non lo abbiamo fatto?”.

Il nick richiama la “Doom Patrol” popolare supergruppo della DC Comics

• The greatest show on turf

I primi a cui si riferisce questo nickname furono gli Houston Oilers di Warren Moon, da un film di highlights del 1993, ma il nomignolo passó di mano e dal 2001 è territorio esclusivo di uno degli attacchi più divertenti mai visti nella NFL, i St. Louis Rams di fine/inizio millennio. Del resto, per chi è del mestiere, una offense che comprende i nomi di Kurt Warner, Marshall Faulk, Isaac Bruce, Torry Holt, Az-Zahir Hakim e Ricky Prohel, non può che suscitare una forte ammirazione. L’allenatore dell’attacco era Mike Martz, che veniva dalla scuola di Don Coryell (dove avete già sentito questo nome?), che portó la squadra all’assurdo record, per i tempi, di 7335 yards totali guadagnate in attacco, battuto undici anni dopo dai Saints di Drew Brees con 7474. Di queste 7335 yards ben 5492 erano arrivate dai passaggi, una cifra irreale, metro di paragone per tutti gli attacchi aerei della NFL. Ripropongo il gioco delle medie, diciamo che tra WR e TE avete 5 giocatori a cui dare il pallone, fate una media. pazzesco eh? La fine del più grande show sul sintetico arrivó all’inizio della più grande dinastia della NFL.

• The hogs

Letteralmente “i maiali”, la linea offensiva dei Washington Redskins vincitori di tre Super Bowl sotto la guida del mitico allenatore Joe Gibbs. Il nome nacque durante il training camp del 1982 quando l’allenatore della linea offensiva Joe Bugel disse a Russ Grimm e Jeff Bosticok, voi maiali, vediamo di correre da questa parte!”. Oltre a Grimm e Bostic facevano parte di quella mitilogica unità la guardia Mark May, i tackles Joe Jacoby e George Starke, l’altra guardia Fred Dean e i tightends Don Warren e Rick Walker. Nel 192 la media del peso della linea titolare era 124 kg col solo Jacoby che arrivava oltre i 135. Il reparto era talmente elitario che il runningback John Riggins lavoró duramente sui blocchi per ottenere la nomina di “onorary Hog” mentre il quarterback Joe Thiesman non riuscì mai ad entrare nel gruppo. Nessuno di loro voleva un quarterback nel gruppo. Alcuni tifosi diedero vita ad un gruppo chiamato “Hogettes” di uomini travestiti da donne di mezza età con un naso da maiale, gruppo ritiratosi nel 2013 dopo 30 anni di onorato servizio.

Gli “Hogettes” in azione

• The Kardiac Kids

I Cleveland Browns del 1980 attentarono alle coronarie dei loro tifosi per tutta la stagione, per questo alla fine della sedicesima partita, con la vittoria del primo titolo divisionale dal 1971, dodici delle quali decise da meno di un possesso, si meritarono il nomignolo di “ragazzi cardiaci”. Il soprannome si rivelerà tristemente accurato quando nella prima partita di playoff da nove anni, di fronte a 77000 tifosi Browns, sulle 13 yards nel campo dei Raiders, col punteggio favorevole a questi ultimi, e a pochi secondi dalla fine l’allenatore Sam Rutigliano chiama, anziché una corsa preparatoria al field goal che sarebbe stata una formalità, la famosa azione Red Right 88, intesa a liberare in end zone il tight end Ozzie Newsome. Beh, ecco come va a finire, spaccacuore:

• Legion of Boom

Per questo nomignolo, che molti di voi conoscono bene, vi rimando al meraviglioso articolo uscito la scorsa settimana su Huddle Magazine.

I Seahawks della Legion of Boom in retrospettiva | Huddle Magazine

• Monster of midway

In origine il nomignolo fu affibbiato, un po’ eccessivamente, ai Marroons della Chicago University che giocavano in un parco del campus, tra la 59esima e la 60esima strada, denominato “Midway”, ma il nickname circoló già dagli anni 40 nella città del vento per descrivere la difesa dei Bears, ma fu riesumato negli anni 80 sublimando in quella che tutti gli addetti ai lavori considerano la più forte difesa di tutti i tempi. La Chicago University terminó il programma di football americano nel 1939 e la squadra della città che a quel tempo giocava allo storico Wrigley Field, decise di recuperare, oltre al nickname anche la C che ancora campeggia come logo sui loro caschi. I mostri del Midway del 1985 vinsero il Super Bowl 45-10 sui Patriots dopo aver lasciato a zero i Giants nel Divisional e i Rams nel Championship. Di tanto in tanto il nomignolo viene richiamato per descrivere una Chicago molto efficace in difesa come nel 2006, ultima apparizione degli orsi ad un Super Bowl.

I “Mostri” degli anni ’80

 

• The New York sack exchange

La storia di questa linea difensiva si può riassumere in una singola frase di uno degli allenatori che dovettero affrontarli: “Non è una questione di ‘se arrivano al quarterback’ ne di ‘quando arrivano al quorterback’. È questione di ‘quante volte arrivano al quarterback’”.
La nascita del soprannome fu dovuta ad un concorso per i lettori di “the Jet report”, vinto da tale Dan O’Connor che parafrasó l’esperienza di Mark Gastineau e compagni quando aprirono la borsa di New York suonando la campanella. Ed era piuttosto accurato visto che nel 1982 la difesa verde raggiunse i 66 sacks perdendo solo al Championship della AFC.

La difesa dei Jets a “riposo”

• The steel courtain

Gioco di parole talmente indovinato da risultare, per molti ma anche per me, come il nickname più bello della storia della NFL. La difesa degli Steelers dominante negli anni 70 non poteva non fare riferimento a quello che era, in quel periodo, l’ideale di “impenetrabilità”. La “cortina di ferro” (nome inventato da Winston Chirchill) tra USA e URSS che divideva i due schieramenti durante gli anni più duri della guerra fredda. Beh, la “cortina d’acciaio” rendeva chiaramente l’idea di quella che era la spina dorsale di un dominio difensivo che fu ancora più evidente quando nel 76 Pittsburgh perse Terry Bradshaw e al reparto difensivo fu chiesto uno sforzo ulteriore. Per le restanti nove partite della stagione gli Steelers concessero una media di 3,1 punti a partita. Otto degli undici titolari finirono al Pro Bowl e quattro di loro hanno il busto a Canton nella Hall of Fame.

Un quadro con gli autografi della Steel Courtain

The triplets

Quando nel basket NBA si cominció a parlare di big three, nel football americano già esisteva la tripletta, il trio offensivo più riconoscibile della NFL, non solo perché vinsero tre Super Bowl in quattro anni, ma anche perché la loro carriera post NFL si è sviluppata molto davanti agli schermi. Si tratta di Troy Aikman, quarterback, Emmitt Smith, running back, e Michael Irvin, wide receiver, che facevano il bello e cattivo tempo nell’attacco dei Dallas Cowboys dei primi anni 90. Certo, con loro c’era un altro reparto dal soprannome piuttosto evocativo, quella linea offensiva chiamata “the great wall”, ma come dicevamo la carriera di Aikman come commentatore tecnico, di Irvin come opinionista e Smith come… ballerino, ha aiutato a rendere i tre immediatamente riconoscibili dal grande pubblico fino al punto che anche chi non sa molto di football americano in America conosce i loro nomi. La parola “triplets” in america viene utilizzata per descrivere tre fratelli gemelli, e non c’è che dire, le vittorie li hanno davvero uniti come fratelli gemelli.

I grandissimi “triplets” dei Cowboys anni ’90


Ci vediamo tra una settimana per i nicknames dei giocatori più rappresentativi.

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