Le regole del gioco

by Marc Taccone
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Tranquilli, non sarà un articolo, l’ennesimo, che cerchi di spiegarvi il football americano come foste dei bambini di 8 anni, per altro non sono ancora riuscito a spiegarlo alle mie che ne hanno 11 e 9, quindi forse faccio meglio ad evitare di provarci. Del resto le regole nel football americano non sono solidi blocchi di cemento inamovibili, anzi, sembrano più un torrente di fluida ma densa melassa che per lo più scorre imperturbata, e che quando trova un ostacolo non fa altro che girargli, in qualche modo, attorno.
L’ostacolo più grosso negli ultimi anni è stato rendere il football americano più sicuro per chi lo pratica cercando di evitare quanto più possibile di gravare sul capoccione di questi energumeni per non rivedere più infortuni tipo quello di Shazier degli Steelers o la danza dell’ubriaco del giocatore più pagato della lega, Pat Mahomes, che per un attimo pervase di un terrore insostenibile tutto il Chiefs Kingdom, la fanbase di Kansas City.

Le regole adottate dalla intromissione della CTE (encefalopatia cronica) nel mondo del football americano lo hanno reso più “leggero” nei contatti che riguardano la parte superiore del corpo così che i tifosi USA hanno iniziato a sostenere che sia uno sport completamente diverso e meno esaltante di quanto non fosse fino ai primi anni 90. Un po’ come dire che il calcio è bello ma i gladiatori che si sventravano l’un l’altro era decisamente uno spettacolo migliore, visto dagli spalti.
Abbiamo già parlato di come alcuni giocatori abbiano costretto gli avversari a cambiare le proprie regole di ingaggio, in merito a questo non si può non rivedere l’intro di “The blind side” a mio modo di vedere la migliore descrizione mai fatta di un singolo aspetto del gioco.

Lawrence Taylor, leggendario “Edge” dei NY Giants fece un grosso favore a tutti i Tackle Sinistri della lega dopo il suo approdo nella NFL, innalzando il loro stipendio di due o tre tacche e creando una posizione offensiva sul campo tra le più importanti insieme al quarterback e il centro.
A volte però, a causa di giocatori totalmente dominanti, si è dovuti ricorrere ad una regola di gioco totalmente nuova per limitarne lo strapotere, e di solito, quando questo succede, la regola prende il nome del giocatore che ne causa la nascita.
Ed ecco la “Mel Blount Rule”

Mel Blount

Nel 1978 la NFL introduce quella che sarebbe stata informalmente chiamata la regola Mel Blount, anche se la NFL stessa, su suggerimento di Don Shula, affermó che la regola non c’entrava nulla col dominio della “cortina d’acciaio” degli Steelers e che puntava ad aprire di più il gioco di passaggio. In effetti fino al 1978 superare le 3000 yards su passaggio era considerato elite per un quarterback, e segnare 30 touchdown pass in una stagione era ancora un fatto pari a incontrare un Bigfoot a Yellowstone.
In pratica si limitó il contatto che i difensori esterni potevano portare sui ricevitori alle prime 5 yards introducendo così il concetto di pass interference, contemporaneamente vennero strette le hashmarks, quei segnetti perpendicolari alle linee del campo che indicano dove posizionare il pallone per l’inizio di una nuova azione, allargando di fatto il campo alla possibilità di lanciare da entrambi i lati di fronte al quarterback.

Le hashmarks

I quarterback che più si avvantaggiarono di questo cambio regolamentare furono Dan Fouts, Roger Staubach, Jim Zorn e Ken Stabler, che in verità aveva già battuto la Steel Curtain un paio di anni prima, ma più di tutti, ironicamente, ad ottenere un grande miglioramento delle sue statistiche fu proprio TB12, il quarterback degli Steelers.
No, non c’è un errore, TB12 prima di essere l’acronimo della leggenda vivente a cui tutti state pensando (se non ci state pensando vi suggerisco questo libro: Il mondo di Tom Brady. Football e vita di un’icona americana ) era l’acronimo di Terry Bradshaw, vincitore di ben quattro Super Bowl, di cui si dice che, per non farsi riconoscere quando prenotava al ristorante usasse un finto nome, con le sue stesse iniziali, “Tom Brady” appunto.
Certe volte il destino…
Insomma, da che il suo anno da rookie, il 1970, era partito con 6 touchdown pass e 24 intercetti, e la panchina fino alla stagione del primo anello quattro anni dopo, Bradshaw si riveló essere una macchina da passaggi quasi perfetta, fino a portare gli Steelers ad un record di 14-2 e dopo un altro paio di vittorie al confronto finale con Captain America Roger Staubach e i suoi Dallas Cowboys campioni in carica.
Il Super Bowl XIII era una riedizione del n. X, solo che la nuova regola cambió completamente il volto della partita, e fu la conferma che era stata una regola indovinata. Nel precedente di tre anni prima i gialloneri avevano vinto con soli 10 passaggi completati, immaginate che noia dover assistere a tre ore di football americano con solo 10 passaggi completati, ma nel 1978 la musica fu completamente diversa, con Bradshaw che diventava il primo QB a superare le 300 yards di passaggio in finale, e il primo a segnare 4 td pass. La rimonta dei texani si fermó a 4 punti per il 35-31 che segnò il record di punti totali in un Super Bowl, ed ancora più ironicamente la giocata più importante della serata fu un intercetto proprio di Mel Blount che permise agli Steelers di passare in vantaggio poco prima dell’intervallo.

Lo stesso Blount ebbe a dire, anni dopo, in merito alla regola che fu un evidente tentativo della lega di limitare la sua leggendaria “bump and run” defense, ma che tutto sommato è grato alla NFL perché quando una regola dello sport più amato dagli americani porta il tuo nome hai davvero qualcosa da raccontare ai tuoi nipotini.

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