Perché moltissime, quasi tutte, le prime squadre di football dei paesi europei non esistono più?
Croce e delizia delle nostre vite, il football americano in versione europea è un contesto unico nel mondo dello sport; quella sensazione strana che tutti conosciamo, fatta di grandi sacrifici, ambizione sconfinata e sogni di gloria che deve misurarsi quotidianamente con dei limiti opprimenti che ti colpiscono come una flag dopo un touchdown meraviglioso e decisivo. Perché il nostro sport è molto impegnativo, è spettacolare, ma è complesso e costoso e questo lo rende appassionante per una minoranza di iniziati, alieno alla massa.
Qualche giorno fa, chiacchierando con un dirigente italiano, mentre discutevamo degli equilibri precari che determinano il successo o il fallimento di una stagione, ho definito il nostro sport un “Ibrido bastardo”.
Il football, in versione europea, non è professionistico (e molto difficilmente lo sarà mai), ma non è nemmeno un dopolavoro, si muove piuttosto in un’ampia fascia grigia, una nebulosa che comprende tutto quello che può esistere tra la NFL e l’amatorialità più ingenua e genuina.
Trovare il giusto equilibrio, e riuscire a mantenerlo, è la ricerca del Santo Graal che ha impegnato e impegna incessantemente centinaia di migliaia di uomini e donne in tutto il continente e oltre, da Lisbona (Navigators, Crusaders, Devils) a Vladivostok (Wild Pandas), da Rovaniemi (Artic Circle Stars) a Gerusalemme (Lions), dalla metà degli anni ’70 ad oggi.
In questa Lunga Marcia verso la gloria eterna, come è anche normale che sia, si contano miti ed eroi, ma anche numerosi caduti.
A testimonianza del percorso tortuoso del nostro sport, un dato di fatto che colpisce per quanto sia inesorabile: Quasi tutte le squadre che hanno dato vita al movimento del football nel loro paese di origine sono scomparse.
La maledizione dei pionieri del football.
Non può essere un caso ed anzi, la mancanza di continuità, la difficoltà nel creare tradizioni stabili e riferimenti in grado di attraversare i decenni, sono conseguenza di quel mancato equilibrio e alimentano in modo circolare e perverso questa difficoltà, allontanandoci dal Santo Graal.
Non siete convinti? Avete ragione, bisogna sbatterci il muso per capire.
Frankfurt Loewen, primo team tedesco, 1977, diverse volte campioni di Germania, scomparsi nel 1985.
Il First Austrian Football Team di Vienna, fondato nel 1978, in seguito rinominato Ramblocks, langue nell’attesa di avversari fino al 1983, non riesce a vincere nessun titolo e a fine anni ’80 lascia la supremazia cittadina ai Vikings e scompare.
Poli e Scotch Espoo (nomi da brivido) team fondatori della Vahattera Liga finlandese nel 1979, scomparsi a inizio anni ’90.
Gli Spartacus de Paris (altro nome bizzarro, ma logo del casco molto interessante) prima squadra francese, fondata da Laurent Plegelatte nel 1980, primi campioni di Francia nel 1982 e 1983, nel 1993 si uniscono ad un altro team storico gli Anges Bleues e ai Frelons per dare vita al Team Paris (niente, coi nomi non ce la facciamo) che durerà un paio di anni, come tutte le fusioni, per poi scomparire.
Gli Amsterdam Rams, 1981, primo team olandese, non avendo avversari agli inizi dovettero fare una stagione nel campionato tedesco, prima di vincere il primo Tulip Bowl (con i nomi dei Bowl andiamo decisamente meglio) nel 1985, per poi cedere il passo e infine scomparire tra le braccia dei cugini Crusaders a fine decennio.
I mitici London Ravens, team tra i più interessanti d’Europa, dominatori in Gran Bretagna nei primi 5 campionati, fondati nel 1983, non vedranno il decennio successivo.
I Seagulls Lugano (dei gabbiani a Lugano, va bene) furono il primo team svizzero, vennero aiutati dai Rams Milano, parteciparono alla serie B italiana nel 1984, vinsero il primo Swiss Bowl e dopo un altro paio di stagioni chiusero i battenti.
I Dublin Celts dominano il campionato irlandese per tutti gli anni ’80 e, unico team irlandese, fa qualche apparizione in Coppa Campioni senza sfigurare, di loro si perdono le tracce a partire dal 1993.
Lidingo Pink Chargers (ok, i pionieri non avevano gran gusto per i nomi), primo team svedese vincitore delle due prime edizioni del campionato (1985 e 1986), chiusi a inizio anni ’90.
I Copenhagen Vikings, iniziano alla grande e vincono subito il I e il II Mermaid Bowl danese a fine anni ’80, ma si sciolgono dopo poco, alcuni di loro daranno vita ai Copenhagen Towers.
Certo, ci sono anche delle belle eccezioni, Rhinos e Gladiatori a dispetto di cambi di nome, fusioni, colori, dirigenti, sponsor, autoretrocessioni e quant’altro, bene o male sono più o meno sopravvissute, i Badalona Dracs, fondati nel 1987, sono vivi e lottano insieme a noi e spesso i team più forti nei vari campionati europei sono anche tra i più longevi come i Flash La Courneuve, i London Olympians, Vienna Vikings, o i Seamen Milano (anche se con qualche anno di buio), ma il destino è sempre in agguato, come dimostra la recente chiusura dei Lubiana Silverhawks, primo team ex jugoslavo.
Ripeto, a mio modo di vedere, tutto questo non può essere casuale ed è connesso all’atavica instabilità del nostro movimento.
Il football europeo ha ormai superato i cinquanta è e deve essere maturo, deve iniziare a imparare dai propri errori e a fare tesoro della sua storia onorando i suoi eroi, avendo cura e rispetto di sé stesso.
A questo serve la Storia, ad avere coscienza di sé, senza, il Santo Graal rimarrà una chimera e saremo destinati a ripetere ciclicamente i nostri errori.